Nel 1973 avevo già scritto un "Masaniello" in prosa, così come
in prosa avevo scritto "Viva Diego" con il titolo "Come il Napoli
vinse lo scudetto", così come anche avevo scritto in prosa "Il
ritratto di Dorian Gray". Armando Pugliese con Elvio Porta e
Roberto De Simone però misero in scena pochi anni dopo
un Masaniello che riscosse un indubitabile successo. Per rispetto
a un successo tanto grande decisi di non mettere in scena il
mio. Non mi sono mai piaciute le stupide gare tra artisti. Nel
'76 misi però in scena "Pulcinella capitano del popolo" che
partendo dal romanzo di Luigi Compagnone prendeva le mosse dalla
stessa storia di Masaniello vista in chiave di favola pulcinellesca.
Negli anni '90 mi sortì l'amore per una nuova forma di
teatro sperimentata a Londra e New York: il musical, inteso
non più in forma di commedia musicale con numeri, ma di
vera e propria tessitura drammatico-musicale. Mi sembrò un
nuovo territorio creativo in cui poter espandere la mia fantasia.
E dalla trasformazione di quelle mie opere precedenti venne fuori
un nuovo modo di intendere un nuovo teatro epico-popolare che,
rifuggendo dallo schema dei format del musical da canzonetta,
debitore per lo più alla discografia, potesse arrivare
al punto di creare una forma di nuovo melodramma, che, partendo
dall'idea di utilizzare forme di recitativi ormai in uso in alcune
forme della musica d'oggi, potesse contribuire a creare un vero
e proprio progetto di drammaturgia musicale, in cui la stessa
musica partisse dal verso, dal testo e dai caratteri dei personaggi
e non fosse invece una invenzione posticcia di cui avvalersi
per le sole esigenze di espansione in musica del sentire della
storia. Insomma un po' la lezione di Brecht, un po' quella dello
schema del nuovo musical inglese, un po' quella del nostro melodramma.
Masaniello fu il primo esperimento riuscito di cinque opere musicali
di cui quattro hanno già visto la scena con straordinario
successo e delle quali la quinta è ancora nel cassetto
in attesa di trovare l'occasione produttiva. Ai tre sopraccitati
si aggiunsero infatti "I promessi sposi" e "La
vera storia di John Merrick, l'uomo elefante". Importante per
tutte le opere realizzate fu la collaborazione del maestro Mario
Ciervo, collaboratore in tutte le occasioni, del maestro Patrizio
Marrone per il Masaniello, del maestro Giovanni Giannini per "I
promessi Sposi" e "Il ritratto di Dorian Gray". Oggi, a risultati
ottenuti, posso con sicurezza affermare che, con queste opere,
un nuovo patrimonio d'autore è andato ad arricchire la
storia del teatro italiano e a configurare un genere autonomo
in cui è possibile la poesia della scena e la vera drammaturgia.
Un percorso originale che non trova riferimento in occasioni
similari e precedenti poiché, come molti critici hanno
intuito, costruisce una perfetta simbiosi tra musica, testo,
personaggi e stati emotivi della storia. Oggi, dopo più di
dieci anni dal debutto, Masaniello si replica, per la prima volta
non solo a Napoli, con un nuovo allestimento. Tralasciando la
bella veste scenografica data dal teatro Bellini con il suo palcoscenico
effigiato fino a 23 metri d'altezza, pare sorprendere ancora
per la capacità di propagare un fascino nuovo e ugualmente
straordinario. Al pubblico che mi segue con amore in ogni parte
d'Italia la parola definitiva.
Il Bellini diventa Piazza Mercato: apre generoso e denudato le
sue ampie aeree strutture preziosamente affrescate di una seicentesca
visione. Ed una visione vuole accogliere, non la cruda storia:
la visione che il popolo ha tradotto, tramandato e reinventato
per questo suo figlio, mito ed emblema di passionali rivendicazioni
libertarie, ucciso da uno sparo nel buio delle ipotesi.
Complessa è la
situazione politica in cui furiosamente e rovinosamente si succedono
gli accadimenti da quel 7 luglio del 1647 quando nel mercato scoppiò la
rivolta al grido di “Viva il re di Spagna e mora il malgoverno” ed
il pescivendolo Tommaso Aniello assurse a impulsivo simbolo di
riscatto e libertà. Impossibile ricostruire e districare
questo groviglio di epica popolare, di intrigo politico, di mediazioni,
efferatezze e misteri, evitando didascaliche prolissità,
stagnazioni analitiche, noiosa storiografia.
Ecco la scelta “liberatoria” di un musical, dove
il non detto si schiarisce e completa nelle pertinenti emotività musicali,
e dove musica e teatralità si intrecciano in fantasiosi
disegni ad affrescare più che il senso della storia, il
senso delle emozioni che la sviluppano.
Le voci dei protagonisti dichiarano una scelta musicale e drammaturgica
di attualità e freschezza.